… e rotolare per le strade, veramente solo e sospirando.
Perciò come le foglie secche è la mia anima di pellegrino errante.
di Andrea Sardi
CAFE’ DOMINGUEZ – Ci sono momenti in cui anche le più belle intenzioni, le più belle parole come volontà, determinazione, costanza, sogni che alimentano le nostre più profonde aspirazioni, obiettivi da raggiungere… sì, ci sono quei momenti in cui tutto questo pare guardarti con un sorriso beffardo dagli spalti d’una arena dove, come un toro solo, ferito e stanco, affronti il Fato inesorabile.
Che senso hanno quelle parole, quando ciò che più brami si confonde in una nebbia intensa, quella delle tue stesse lacrime, e ti chiedi se non valga la pena arrendersi alla sconfitta, ammetterla finalmente e lasciarsi andare, come le foglie secche travolte da un vento d’inverno?
“La mia vita è una smorfia triste, la mia vita è un’antica ferita, la mia vita è un eterno camminare e rotolare per le strade, veramente solo e sospirando… Perciò come le foglie secche è la mia anima di pellegrino errante… La mia vita fu profumo di un roseto fiorito che oggi è solo profumo mortale…” [Mi vida, Vals 1934, Música: José Luis Padula, Letra: Enrique Cadícamo]
Ma no! In quel momento ci sarà magari un vincente che ti dirà come ce l’ha fatta, sosterrà soddisfatto che è solo se crederai fermamente in te stesso, solo allora sarai il vero artefice della tua vita, solo allora la vita andrà proprio come vuoi tu. In quel momento ci sarà un’anima illuminata, che di questo parlare ha persino fatto un mestiere, santone o psicologo che sia, che pontificherà e ti esorterà, finanche a paventare che, se non capirai la lezione, allora qualche Spirito amorevole ti darà un’altra sacrosanta legnata. Non è così?
Il Tango per contro s’accosta a te, s’inginocchia umilmente e ti sussurra, in una tenera, affettuosa carezza: “So quello che provi, Amico, ci sono dentro anche io, non sei solo”.
“Mi disse un vecchio poeta: “Ragazzi che vivete spensierati, la vita è un tavolo da gioco” E per quanto sia attento, l’uomo non sa mai come andrà, se scommette. A volte uno mette in gioco tutto il suo cuore … ma le carte nascondono l’inganno…” [Naipe, Tango 1944, Música: Aníbal Troilo, Letra: Enrique Cadícamo].
Ricordo quando da piccolo guardavo con tenerezza gli anziani, seduti al tramonto lungo il muretto che dava sulla spiaggia, mentre osservavano gli uomini più giovani tirare in secco le barche da pesca, e coglievo nel loro sguardo umido la nostalgia di un tempo ormai lontano. Mi chiedo come sarà per me, quando come loro avrò più tempo da ricordare che tempo per sognare, momento che s’avvicina, attimo dopo attimo, ora lo sento, inesorabile. Li vedo ancora, appena calate le ombre, rifugiarsi nel bar del paesetto, trattenersi ad un tavolo in radi racconti, rigirando tra le mani un bicchiere di vino, per allungare ancora un po’ il giorno, mentre scivola via dal loro cuore.
“Torbidi ancoraggi dove attraccano barche che al molo devono rimanere, per sempre… navi che, morendo, sognano ancora di partire verso il mare. Sogna, marinaio, con il tuo vecchio brigantino, bevi la tua nostalgia nel piccolo caffè… Piove sul porto… piove lentamente sulla tua desolazione… Ancore che non dovranno più, mai più levarsi, lance senza più ormeggi da sciogliere… Triste carovana senza destinazione né illusione, come la barca imprigionata nella bottiglia della bettola…” [Niebla del Riachuelo, Tango 1937, Música: Juan Carlos Cobián, Letra: Enrique Cadícamo].
Il Tango comprende questo smarrimento esistenziale e t’avvolge nel suo abbraccio, e cerca di darti qualche semplice consiglio, quelle dritte un po’ alla buona ma piene d’affetto che fanno rivivere la voce d’una nonna o d’una vecchia prozia.
“Se ne va la vita… se ne va e non torna. Ascolta questo consiglio: se un buon partito ti promette di sistemarti, non indugiare! Se ne va la vita, ragazza, e chi la ferma se neanche Dio riesce a trattenerla? La cosa migliore è godersela e lasciar le pene a ruzzolare…” [Se va la vida, Tango 1929, Música: Edgardo Donato, Letra: María Luisa Carnelli (firmatasi con lo pseudonimo “Luis Mario”)]
Se ne va, la vita, e noi, scossi dai suoi marosi, prenderemo nuove strade, con lo sgomento ed il rimpianto di quest’uomo e questa donna che si stanno lasciando: “Inquieta… come infiammata, continuavi a bere, bella e fatale… e nel fragore dello champagne ridevi scioccamente per non piangere… Oggi entrerai nel mio passato, nel passato della mia vita… Tre cose porta la mia anima ferita: amore… rammarico… dolore… Oggi entrerai nel mio passato, oggi nuove strade prenderemo… Com’è stato grande il nostro amore!… eppure, ahimè! , guarda quello che è rimasto…” [Los mareados, Tango 1942, Música: J. C. Cobián, Letra: E. Cadícamo].
E in quest’andare senza altro riferimento che noi stessi, affranti, smarriti, la sicumera di chi in quel momento ci richiama alla fede o alla volontà, alla costanza, dall’alto del suo encomiabile equilibrio, non porta che altra frustrazione per tanta verità lucente, inesorabilmente ed impassibilmente ostentata e opposta al nostro sconcerto, al nostro dolore.
Ma non fu Cristo a farsi Uomo e a condividere le pene con altri uomini come lui? Oppure restò a guardare gli altri soffrire sfoggiando la sua perfezione per poi avviarsi a tornare al Padre passeggiando lievemente sulle nubi?
“Per le strade della vita ci perdiamo voi ed io. Chi dimenticherà le pene … Chi ingoierà il pianto quando quel pianto sale agli occhi… ?” [Por las calles de la vida, Tango 1942, Música: Enrique Cadícamo, Letra: Enrique Cadícamo].
La vita va, del futuro niente è dato conoscere, almeno per chi non ha certe capacità taumaturgiche, e nel cuore altro non resta che un passato irrimediabilmente perduto e irripetibile per cui forse non ha neanche più senso piangere.
“… Piangere… Perché piangere?… Non hai forse vissuto, non hai imparato ad amare, a soffrire, ad aspettare, e anche a tacere?… La gioventù se n’è andata… Non ho più speranze… Meglio dar per perduti i desideri che non si sono realizzati…” [Percal, Tango 1943, Música: Domingo Federico, Letra: Homero Expósito]
“…Per cosa piangere tutto il passato se non può più tornare…” [Dos fracasos, Tango, Música: Miguel Caló, Letra: Homero Expósito]
Sì, perché dopo aver condiviso con te la pena della disillusione, lo sconforto, il dolore per la perdita di quel passato ideale, perfetto, mai davvero esistito, il Tango, asciugando le tue lacrime, ti suggerisce dolcemente di accettare la vita per come è: imperfetta, dolorosa, ma anche con la possibilità di cambiare, di tornare a provare, magari a sbagliare ancora e riprovare.
“Ciao, è finita!…È la legge della vita il divenire. Ciao, è finita, abbiamo esaurito i proiettili e il fucile. Ti ho mostrato come trema la pelle quando nasce l’amore, e l’ho imparato di nuovo; ma nessuno ha vissuto senza uccidere, senza tagliare un fiore, profumarsi e seguire…Vivere è cambiare… Lascia che arrivi il futuro, che è fatale! Ciao, è finita, semplicemente la vita continuerà… nulla torna al passato, devi andare avanti… “Prendila con calma … questa è pura filosofia, ti accadrà tante volte nella vita”, ho detto, ti ricordi? … Lascia perdere il passato e inizia di nuovo, non abbiamo vinto o perso, Era solo la vita, nulla di più!..” [Chau no va más, Tango, Música: Virgilio Expósito, Letra: Homero Expósito]
Dopo averti accolto per ciò che sei, il Tango ti invita a vivere più lievemente che puoi ciò che è.
“Amore, la vita se ne va, fermiamoci qui, è ora di trovare quiete! Amore, fermiamoci qui! Perché vagare senza pietà? … Apri la tua vita senza finestre! Guarda come è bello il fiume!… lascia tutto quello che è stato dissanguarsi in quel passato senza speranza! Forse a forza di usare il grigio ti acceca la luce del sole… ma questo ha fine!… da qui possiamo iniziare…” [Quedémonos aquí, Tango, Música: Héctor Stamponi, Letra: Homero Expósito].
E quel passato rimpianto con dolore, nostalgia, si colora di una nuova luce: vi riconosci il luogo dove risiedono i sogni, i valori, gli ideali, la tua fonte di ispirazione.
“… Ieri cantarono i poeti e le orchestre piansero nelle dolci notti dell’ambiente del piacere. Dove la bohemia e la fragile giovinezza, imprigionate in un fascino femminile, appassirono nel bar del quartiere sud, morendo di illusione mentre moriva la sua canzone. Donna della mia poesia migliore. Donna! Non ho mai avuto un amore. Scusa, se sei la mia gloria ideale! Perdono, sarai il mio verso iniziale…” [Recuerdo, Tango, 1924, Música: Osvaldo Pugliese, Letra: Eduardo Morenodo].
Tutto nel Tango è terreno, imperfetto, a volte disperato, a volte pieno di speranza, pur nella convinzione profonda che nulla è destinato al per sempre. Tutto nel Tango è così profondamente, passionalmente, empaticamente, tremendamente Umano! Lo stesso Dio è un poveruomo che pedala su una sgangherata bicicletta, per tornare qui, sulla Terra, e rivivere un nuovo martirio.
E il Tango, Lui sì, è capace di accoglie con Amore anche quell’Uomo e l’affranto Divino che è in ognuno di noi.
“L’hai visto. Sicuramente anche tu, una volta, l’hai visto: ti parlo di quell’eterno ciclista solo, così solo, che ripassa le strade ogni notte. Comunque, se lo vedessi passare, guardalo con tanto Amore: potrebbe essere, di nuovo… Dai, Dio… dai, Dio!… Dacci dentro, piccolo cuore! Tu sai che vincere non sta nell’arrivare ma nel seguire… (poi un giorno senza ragione) gli abbiamo dato da far schifo, duro, alla grande: l’abbiamo fatta a pezzi (la sua bicicletta) … e alla fine, ho visto che lui, mordendosi la barba, gridava: “Che io vi salvi!…” Guardò la sua bici, sorrise, se ne andò a piedi. Mio vecchio Ragazzo Nostro che camminavi sulla Terra: come hai potuto dimenticare che non siamo angeli ma uomini e donne? Ragazzo, non essere triste, tutto non è stato inutile, non perdere la fede… su un aquilone con i pedali, dai che dai, so che devi tornare…” [La bicicleta blanca, Polca/Tango, Música: Astor Piazzolla, Letra: Horacio Ferrer]